domenica 26 maggio 2013

PASSI

Ho cominciato a gareggiare lo scorso anno esordendo all'Ercole Farnese, categoria hp -4.
Entrato nei dieci, escluso dai sei. Niente routine.
Una settimana dopo al campionato Nord Italia, stessa categoria quinto classificato; routine fatta.
Quest'anno altra federazione, il 5 maggio campionato emiliano romagnolo a Cesena categoria hp -3, un inatteso quarto posto accolto con gioia e orgoglio.
Ieri a Crescentino (Vc) altra sfida, altra federazione, hp +2 piccole taglie. Terzo classificato.

Questi che sono?

Nulla agli occhi di molti, sciocchezze agli occhi dei più.

E per me?
Per me sono passi.
Sono un passo dopo l'altro.
Senza allungare di più la gamba, senza fare balzi, senza la smania di correre o infilarsi in strade più corte.
Solo passi. Nonostante la fatica, la paura, il vento contro.
Passi che diventano un cammino, con molte cose da guardare e imparare.
Cose che solo un viaggio lento consentono di vedere.

E ora mi fermo. Mi siedo. Mi carezzo il viso.
Ci sono tante altre cose adesso, di cui desidero occuparmi...

venerdì 17 maggio 2013

IL VIAGGIATORE CON LE GAMBE DI GESSO

Dove sono stato, in tutto questo tempo...
Dio solo sa quante cose vorrei poter dire.
Vorrei parlare di viaggi, di incontri, di meraviglie. Di crescita, di cammino, di magia.
Incantare con racconti semplici, per questo incantare.
Vorrei fossero veri. In questo semplici.
Ma come sempre, o almeno molto spesso, la verità è solo noiosa prevedibile e secca.
Le avventure nascono e muoiono tra le sedute consumate di un divano, i profumi freschi di nature arieggiate spalancate sul mondo si soffocano nel veritiero. Sgradevole odore di ante chiuse, di stanze buie, di anime avvolte e nell'anche più sgradevole odore di marcio di questa abitudine che si accetta.

Non so nemmeno se me ne sono andato.
Non so nemmeno che motivo c'è di sentirmi tornato ora, e di sprecare, per spiegare un'assenza che molto probabilmente nessuno ha sentito.
Ecco. Ecco una frase interessante e rivelatrice.
Uno che scrive, e non trova il minimo riscontro, e non sente di essere letto può a un certo punto desiderare di non scrivere più? Giusto per poter non essere letto?!
Forse.
Forse uno scrittore comune, uno scrittore che pubblica, che scrive a comando, che viene pagato a cartelle, che fa le sue marchettine per godersi la barca, la natura, i paesaggi remoti che lo ispireranno per confezionare ad altri emozioni che non prova. Forse un certo giorno sente del rimorso.
Forse.
Io però non sono uno scrittore. Magari. E non per le cose belle che questo comporta. Ma  per quelle brutte che non comporta.
Scrivo in preda ai crampi, al sudore freddo, al vomito. Scrivo cose che nemmeno so dire a me stesso e finisco sconvolto ad apprenderle riga dopo riga, inseguendo la mia stessa mano, fedele servitrice di un qualcosa di strano che non è chiaramente né un cervello né un cuore né saprei...
Sono qui. Unico vero probabile lettore di me stesso.
Unico assoluto sordo con l'udito. Unico personaggio di carne e ossa che vive una realtà di plastica. Cartapesta, meglio.

Come vorrei raccontare di un intima crescita maturata nei silenzi, nel distacco dal bisogno di far sapere ogni giorno dove sono, cosa faccio, guardatemi, riconoscetemi.
Ma ho già detto, la verità è così poca cosa...
Sono stato fermo, immobile, nemmeno un passo.
Sono dimagrito eppure ho sprofondato, sfondato il terreno sotto di me.
Ho bevuto molta moltissima acqua, eppure mi sono inaridito e ho perduto prima il tono sicuro della voce, poi le parole stesse.
Ho dormito profondamente, eppure mi sono stancato come non mai.
Non ho costruito nulla, eppure ero esausto, con i muscoli rotti la schiena curva come dopo un mese di lavoro.
Nascosto al sole mi sono scottato lo stesso, al riparo dalla pioggia comunque umido e con i brividi dentro.

Anche la mia coscienza mi ha lasciato.
Si è messa a sistemare gli armadi per i cambi di stagione.
Ma lo sappiamo ormai tutti che le stagioni non esistono più. Abbandonato. E ora ho più spettri che armadi.

Ah certo, ho lavorato su mille tetti, fatto scavi, impastato mcubi di qualunque sabbia.
Ho seguito sempre una dieta, sempre mi sono allenato anche con un'ernia al disco, ho gareggiato ancora e migliorato i risultati.
Ho fatto perdere molti chili e ricevuto complimenti, messaggi, ringraziamenti.
Si, come dicevo... sono stato fermo, immobile, nemmeno un passo.

Quello che è cambiato, che potrei considerare migliorato, era così facile che non ha valore.
Non da solo. Non a fronte di tutto quello che nel suo non muoversi affatto, è per questa stessa ragione regredito.
Provi e riprovi ad allontanarti da quello che sei, ma finisci sempre nella direzione sbagliata, quella da cui venivi, o quella più corta, o quella meno impervia.
A quel punto puoi solo pregare di smarrirti e non ritrovarti più.

Invece io, testardo come un mulo testardo, risalgo ogni volta da tutte quelle dannate correnti e non so spiegarmi perché.
Mi rivedo e non mi abbraccio. Una parte di me riposa, l'altra lascia che sia.
Una si confessa e promette, l'altra tace e non crede ma come una madre cieca, sempre spera...

lunedì 3 dicembre 2012

LETTERA



Scusami,
ci casco ancora ma scusami, per tutte quelle volte che ti ho chiesto scusa anche quando la colpa era più tua.
Ora ci riesco, ora lo so…
Ho sempre avuto così paura di perderti, ogni singolo giorno di perderti, che tutti quei SI sono finiti per farti disprezzo come i più violenti dei NO.
Ho sempre avuto così paura di perderti che alla fine ti ho perso e tu mi hai disperso, piano piano.
Tra gli avanzi di tempo, bocconi piccoli di tempo- come ne avessimo tanto da potercelo permettere.
Se, se non odiassi i se, penserei a tutte le volte che non ti ho aiutato a crescere e alle volte che parlavo mentre avrei dovuto tacere, o a quelle in cui avrei potuto parlare e ho preferito abbracciarti.
Abbracciarti mentre tu restavi ferma, sempre più immobile sempre più stretta in quello che credevo fosse giusto.
Che l’amore mio bastasse…
Ma novanta più dieci non fa mica cento, e cinquanta più cinquanta fa un milione.
L’amore mio non bastava, e non basta nemmeno a salvare me stesso.
C’è tutto un dover fare, un dover vivere comunque. Un gioco brutto e noioso come quelli di Natale, quando fuori è freddo, quando i vetri si appannano e scendono gocce grosse, lacrime da invidiare.
C’è così tanto da dover pensare e affrontare, quando la voglia sarebbe sparire, annegare in un mare di nulla, lievitare leggeri altrove.
Non c’è più quel tempo che pareva abbondasse, non c’è che fretta e necessità di una sofferenza veloce da pausa pranzo, nel tratto di strada tra casa e lavoro e casa e nonni.
Una pila infinita di carte e burocrazia dove non si riesce a infilare nemmeno un sottile spavento, una silenziosa profonda paura, una lacerante solitudine in acconto.
Quanti fallimenti ho sostenuto, uno dopo l’altro dopo l’altro dopo l’altro.
Eppure nessuno pare avvicinarsi nemmeno lontanamente a questo e alle sue conseguenze.
Credevo di avere più dignità che sogni: il resto magnifico di prezzi cari pagati in sangue contante.
Ma qui oggi mi ritrovo con le tasche vuote, un tempo scaduto, dell’amore incapace e un raggio di sole intenso che mi cammina incontro e più sorride più mi trafigge.

martedì 30 ottobre 2012

CORRISPONDENZA D'AMOROSI SENSI


NON SO QUANTO TEMPO FA HO SCRITTO QUESTE PAROLE, MA RILEGGENDOLE OGGI PER UNO DI QUEI CURIOSI "CASI" DELLA VITA, HO DESIDERATO POSARLO QUI.


Ognuno di noi porta con sé un intimo dolore per qualcuno che non c'è più.
La sofferenza silenziosa che ci fa sentire soli, la difficoltà di condividere perché quel magone è così grande che nessuno può capire.
Eppure appartiene a ognuno di noi, e come poche cose al mondo, ci unisce e ci rende uguali.
Che siano gli amati nonni, l'adorato fratello, la mamma che ci ha lasciato davvero troppo presto, la zia speciale, l'amico di sempre, il marito imperfetto ma perfetto, il papà meraviglioso o il figlio perduto innaturalmente, ognuno di noi vive ogni giorno con un vuoto, il formicolio di una mutilazione alla quale anche la tecnologia si arrende.
Non esiste il sollievo- non cerchiamo alcun sollievo.
Provo a guardare il dolore e capirlo, vorrei offrirgli offrirmi un senso.

Il dolore non è altro che amore in una delle sue espressioni più vere e intense.

Il dolore annulla tutte le differenze, e non c'è ricco o povero, non esistono nelle lacrime i tratti di nessuna razza.
Il dolore è la cosa più universale che esista e per quanto le religioni se le giochino tutte per tirare l'acqua al proprio mulino non possono spezzare un legame così forte che ci lega tutti quanti.

In questi giorni andrà in scena il grande spettacolo, la corsa pazza al fiore fresco, trucco e parrucco della lapide trascurata.
"Vasche" su e giù per cimiteri, pranzo al sacco per i più accaniti, comitati d'accoglienza improvvisati all'ingresso.
Ma per la prima volta nella mia vita metto da parte sciocchi polemici discorsi, e mi accorgo che tutto questo ci sta: per qualche giorno in cui il dolore si concede un filo di leggerezza ed esce dal suo torbido silenzio.
Possiamo capire e accettare, anche senza condividere, le buone ragioni degli altri.

Forse ero troppo coinvolto e ho scritto male e in modo confuso: questo era il mio abbraccio aperto a tutte le creature del mondo che come me hanno un vuoto che nessuno colmerà, ma che non deve renderci soli.
Le persone che ci hanno amato non credo affatto che vogliano vederci soltanto piangere al loro ricordo. Non lo credo affatto.

martedì 16 ottobre 2012

PICCOLI PENSIERI SILENZIOSI HANNO IL SOPRAVVENTO

Eccoli.
Eccoli i due tre giorni l'anno in cui la voce mi abbandona.
Attesi ma imprevedibili.
Se fossi un supereroe non avrei alcun dubbio sul mio punto debole. La gola.
Però, che straordinario uomo comune che sono.
Non so volare, non so essere invisibile o veloce, ma ho la sfacciataggine di possedere un clamoroso tallone d'achille.
Nel tempo ho imparato ad accogliere questi giorni senza voce; l'occasione di ascoltare quello che spesso le parole coprono con il proprio rumore.
Piccoli pensieri silenziosi hanno il sopravvento.

Da poco abbiamo finito la copertura di un tetto.
Un novanta metriquadri circa, sostituzione dei legni, travi, nuovo assito completo accostato, abbaino embici palo antenna, guaina ardesiata e posa dei coppi fissandoli uno ad uno aggiungendone un buon 20% di nuovi in sostituzione di quelli rotti.
In quattro abbiamo impiegato tre giorni e mezzo, compreso il ponteggio e i ripari.
Tra manodopera e materiali più o meno undicimila euro (+ iva ci mancherebbe).
La cosa che mi fa impressione è che per i vari permessi e piano di sicurezza e altre mille fotocopie insensate, i proprietari hanno speso tremilacinquecento euro (+ iva ci mancherebbe) e ci è voluto un mese e mezzo di attesa.
Il POS ( piano operativo di sicurezza) è un documento buffo. Un po' come se scrivere su un foglio i pericoli in cui si puo' incorrere potesse in qualche modo prevenirli e "salvarci".
Il mio buon senso e la professionalità no, quelli non hanno valore.
Quello che mi ha colpito maggiormente e che mi fa anche piuttosto schifo è lo spreco di carta, soldi e tempo.
Tutte cose che in questi momenti terribili dovrebbero essere tutelati e ottimizzati.
Per qualunque impresa partecipi a un lavoro come questo sono richiesti alcuni documenti.
Fotocopia della carta d'identità.
Iscrizione alla camera di commercio.
Il DURC documento unico di regolarità contributiva.
In sostanza se paghi le tasse puoi e sottolineo puoi, lavorare per vivere e pagarne altre.
Altrimenti non sei in regola, nessuno può farti lavorare nemmeno se vuole perché rischia tantissimo!
Tanto basterebbe a disgustarmi se non ci fosse di peggio.
Nonostante le fotocopie siano raccolte in una delle mille cartelle, c'è un foglio da timbrare e firmare in cui l'impresa che ha direttamente la commissione del lavoro, deve girare a ogni collaboratore in cui fa richiesta di questi documenti.
Poi un'altra in cui ciascuna impresa o artigiano timbra firma e dichiara di aver ricevuto tale richiesta.
Mi viene caldo. E nausea.
Ma quanti e quali imbecilli o furbi hanno studiato questa procedura?
C'è una ragione almeno piccola, lievemente sensata a cui poter dare un minimo di attenuante?
Ogni stramaledetto giorno per quanto mi sia dato all'auto-isolamento che posso, sento parlare e parlare e sbrodolare di crisi, di idee, di rilanci, di riforme di bla bla bla.
Purtroppo ho trascorso un'adolescenza agitata, ho commesso molti sbagli che sto ancora pagando in particolare nel mondo della scuola, ma riesco a trovare la forza di ringraziere per quelle due tre cose che ho imparato.
BISOGNA CHE TUTTO CAMBI PERCHE' TUTTO RESTI COME ERA.
Ma come cazzo fa uno a scrivere qualcosa di così sublime?!
In una frase è raccolta l'essenza dell'umanità. Di questo mondo di scimmie.
In una frase il tempo si ferma pur scorrendo. Orribilmente scorrendo. Evolvendo a ritroso come fosse una ruota per criceti che so.
Questo non è più il momento di mescolare. Dovremmo sentire urgente il bisogno di setacciare.
Quando ogni cosa è difficile e contorta e pretende sprechi di ogni forma, una crisi può offrire la fantastica opportunità di cambiare.
Il desiderio e l'impegno comune come fa a non essere quello di semplificare? Di dire basta? Di tagliare tutti gli inutili passaggi di mano che non servono e che anzi sottraggono e trattengono ognuno un po'. Un gran bel po'.
Io vivo in un mondo piccolo e sgraziato e di zero rilevanza. E lo so.
Così mi chiedo, se nel mio nulla un tetto disastrato si può rifare in pochi giorni con un certo costo, al quale va aggiunto un costo quasi del tutto inutile e ingiustificato e ingiustificabile, cosa mai accade nel mondo grande, pieno di presunta grazia e determinate per la vita di tutti?

Quanto sono numerosi i pensieri silenziosi.
Forti nel numero e arroganti.
Capaci di tutto!
In vita mia non ho mai combinato nulla di davvero buono.
Eppure ho superato armatori greci, ho avuto la meglio su capaci giornalisti, politici in ascesa, comici e conduttori. Abili imprenditori, produttori, donne avvenenti e in cariera.
E perfino camerieri e facchini.

La televisione è una nonna d'altri tempi.
Forse più idealizzata che reale... di quelle che ti fanno magistralmente addormentare con quella ninna nanna petulante, in cui le parole si stondano nella cantilena, perdono la loro gravità quando cresce l'abitudine al peggio e tutto si ovatta mentre gli occhi esitano e genialmente si abbandonano al sonno.
Nell'attento disinteresse e vittima della mia gola, ho inteso il viaggio di un giornalista per intervistare un tizio che pare essere tra le dieci persone più intelligenti d'america.
Ho provato a leggere la definizione d'intelligenza sul dizionario.
Credo di essere troppo poco intelligente per averla capita. O troppo intelligente per condividerla in pieno o anche solo arrivare a leggerla tutta.
Beh questo tizio qualunque sia la verità intelligente lo è di sicuro!
O dormivo molto o ero molto sveglio e vedevo questo signore esporre la sua teoria sull'universo spalando merda nelle stalle dei suoi animali.
Imballare fieno parlando del pensiero, dell'ampiezza piuttosto della sua profondità.
L'intelligenza mi ha incuriosito lo ammetto, la merda non mi manca, ma quello che mi ha più messo in difficoltà è la perfezione della serenità di questo signore.
Mentre il giornalista non faceva che ripetere, con la voce narrante, di quanto un tale genio si trovasse fuori posto, io lo trovavo fastidiosamente opportuno.
Uno sonno ricco il mio o una buona oretta sveglio stranamente spesa bene.
Rimuginavo su un tizio che a sei mesi formulava frasi di senso compiuto, a due leggeva da solo ed era cresciuto in una famiglia povera e numerosa e senza risorse, giungendo alla facile teoria del SE CI SEI  CI SEI E NULLA TI PREGIUDICA DI EMERGERE, e la più distruttiva IL DESTINO E' SCRITTO.
La ninna nanna infinita e le frasi fatte mi stavano cullando per bene, quando sento qualcosa che rimette tutto in gioco..
Il quoziente intellettivo di adulti afroamericani è mediamente inferiore ai bianchi di 17 punti.
Parte da 4 nei bambini piccoli, sale rapido a 9 nell'età delle elementari e degenera nell'adolescenza.
I miei pensieri si fottono come conigli.
Quanto incide una buona famiglia. Quanto incide la presenza. L'educazione.La prevenzione. La genetica. Il quartiere. La banda (il branco nostrano).
Si cambia? Si puo' cambiare? Si cambia esclusivamente in peggio? Cosa è decisivo in un cambiamento? La volontà? La figa? Un trauma?
Ci si può voltare? Tutto è potenzialmente un boomerang? E' più facile o difficile lanciarlo?
O cielo, ridammi la mia voce che per quanto brutta e detestabile ci posso riempire la bocca di stupidaggini e trovare solievo.

Mia mamma mi avrà detto un milione di volte che io ho tutti i difetti di tutta la famiglia.
Io ho detto spesso invece che non assomiglio a nessuno, che mi sento un alieno.
Ho rivisto questo pensiero, credo di assomigliare a molti, ma non sono uguale a nessuno.
Sono un orfano con genitori meravigliosi, figlio unico di troppo, incapace di partorire- spaventato- ma desideroso della maternità di un'intuizione. Mia mia mia.
Il possesso è castrante, e meritevole di sterilità.

Sono davvero geloso della mia solitudine.
Probabilmente lo sono tutti della propria, ma sarà che degli altri mi importa un cazzo, che il pensiero di scoprire di tanta intimità una fossa comune, mi da un fastidio enorme.
Non è un pensiero perseguibile che la diversità che hai imparato a considerare e rispettare e che per sopravvivere hai forgiato nell'illusione di una preziosa rarità, si manifesti con un seriale anonimato.

Piccoli, enormi, irrimediabili pensieri silenziosi.
Hanno il sopravvento.


lunedì 15 ottobre 2012

BATTITO D'ALI DI UN COLIBRI'

La differenza tra essere innamorati e amare,
è in quelle piccole silenziose farfalle nella pancia
che mutano in una furiosa mandria impazzita.

mercoledì 3 ottobre 2012

ANONIMO

Foglio ritrovato sugli scogli della Croazia o della Mesopotamia o sulle Ande ma si dice in un cassonetto.
Risalente al 1250 A.C. o secondo alcuni al 1600 D.C. se non addirittura al 2145 D.D.C (seconda venuta di Cristo).

Beh... l'amore mescola. L'amore confonde carte e anime. L'amore è un fuorilegge poco incline a obbedire.



ANONIMO

Sai amore mio, non ho niente di sensato da dirti ma un'incontenibile bisogno di restare in contatto.
E' qualcosa più della mancanza.
E' qualcosa di più sano della dipendenza.
Un egoismo vestito bene, vestito di niente. Nudo disinvolto.
Sono due o tre giorni che ti sento strana, qualcosa non va.
La tua risata ne parla al mio stomaco.
Guarda che è incredibile e sublime,come tanto troppo amore traboccante, ancora non sia abbastanza.
Questa mancata perfezione è il meglio assoluto a cui una creatura terrena possa ambire.
Neccessariamente senza ambire.